Newsletter Maggio 2025

In questa newsletter ci serviamo delle parole di altre persone per raccontarvi cosa succede quando la disabilità incontra lo sport. In particolare, riuniamo intorno al movimento tre realtà che sembrano tra loro parecchio distanti: la piscina di Dalmine in provincia di Bergamo, le montagne di Bormio e una scuola in Sierra Leone. I punti di contatto, in realtà (e ve ne renderete conto da soli), sono tantissimi.
Questo, d’altronde, è Real Eyes Sport, un bel gruppo di persone che sa bene quanto potente possa essere la pratica sportiva. E ciò che più ci inorgoglisce è sapere che queste iniziative hanno un impatto che va ben oltre noi. Chi può calcolare quanto valgano il sorriso di un bambino, la leggerezza di un genitore, l’emozione di una prima volta? Sono valori appunto inestimabili quelli che ci spingono a continuare e a espandere la nostra missione. Siamo approdati anche in Africa – lo leggerete – e intendiamo fare molto di più, consapevoli al tempo stesso che crescere con una disabilità è spesso faticoso già entro i confini del nostro Paese.
Accogliamo perciò con entusiasmo tutto quello che di nuovo arriva e proteggiamo con orgoglio quanto di bello stiamo facendo e vivendo insieme.
Ci tengo a ricordare che l’associazione si regge in piedi anche grazie al vostro sostegno, che sia con il 5×1000 o con donazioni spontanee, acquistando i nostri prodotti solidali o ancora progettando con noi le bomboniere per i vostri momenti speciali.
È vero che i sorrisi hanno un valore inestimabile, ma è anche vero che servono risorse per accenderli e alimentarli.
Grazie sempre e buona lettura,
Daniele Cassioli
Spazio all’Acqua, e ai nostri nuotatori
La gara di nuoto del primo maggio a Bergamo raccontata da Alessandra Buscaglia
Il mese è iniziato col botto, o meglio col tuffo: quello di sette dei nostri atleti nelle acque della piscina di Dalmine, presso Bergamo, dove il primo di maggio si sono disputate diverse gare di nuoto, individuali e a staffetta. Ci siamo fatti raccontare la giornata dall’istruttrice Alessandra Buscaglia.
Partiamo da te: che ruolo svolgi all’interno dell’associazione?
Sono entrata a far parte di Real Eyes Sport ormai quattro anni fa. Avevo conosciuto Daniele sui social e gli avevo chiesto una mano per il mio progetto di tesi: da lì ho avuto modo, o meglio la fortuna, di partecipare a uno dei loro camp ed essere poi coinvolta, pian piano, in altre attività. Bergamo dista circa un’ora dalla città dove vivo e in cui esercito la professione di istruttrice di nuoto, ma è anche l’unico polo in cui è attivo il progetto Spazio all’Acqua. Per cui, quando mi è stato chiesto se avessi voglia di parteciparvi, a settembre 2023, non mi sono tirata indietro. Gli iscritti sono una dozzina: facciamo lezione una volta ogni quindici giorni e ogni sessione ha la durata di due ore. L’aspetto più bello, secondo me, è dato dal fatto che i partecipanti non sono soltanto bambini con disabilità visiva e che, nonostante questo, la lezione sia la stessa per tutti.
Il primo maggio si sono tenute delle gare, a Bergamo, a cui avete partecipato: ci racconti com’è andata?
Esatto, il primo maggio abbiamo accolto l’invito del Gruppo Nuoto Disabili di Dalmine a partecipare al meeting di nuoto organizzato presso la piscina del paese, nel bergamasco appunto. È il terzo anno per noi e, questa volta, abbiamo portato ben sette bambini in gara, un’occasione per loro per sperimentare, seppur in piccolo, la competizione, sempre all’insegna del divertimento. Quelli di loro che facevano un po’ più fatica hanno potuto contare sulla presenza, in acqua, degli istruttori. Gareggiavano, infatti, anche bambini non vedenti che, allenandosi una volta ogni quindici giorni, non hanno ancora avuto modo di acquisire la capacità di orientarsi nella vasca in modo totalmente autonomo. Alcuni volontari, dunque, sono rimasti in acqua con loro, fornendo semplicemente indicazioni direzionali. Tutti gli altri, invece, hanno gareggiato autonomamente, potendo contare su un piccolo aiuto quando si avvicinavano al bordo. È stata indubbiamente una bella giornata, al di là dei risultati. I bambini sono stati velocissimi, molto più di quanto ci aspettassimo: ci hanno proprio sorpresi. Il clima, in generale, era proprio di festa. C’erano bambini normodotati, bambini con disabilità visiva, altri con la sindrome di Down o altri tipi di disabilità intellettivo-relazionale, ed è stato bello vedere tutti gareggiare nello stesso momento, oltre che cantare, ballare e mangiare insieme nel corso del pomeriggio.
In quali categorie competevano i ragazzi?
I nostri hanno gareggiato quasi tutti nei venticinque metri, quindi una vasca soltanto: alcuni a dorso, altri a stile libero, altri ancora a rana. Abbiamo cercato di far fare a tutti almeno due gare. Un paio di ragazzi, un po’ più avanti nella pratica, sono riusciti a competere persino nei cinquanta metri: sono stati fortissimi! Abbiamo cercato di far gareggiare ciascuno nella categoria che preferiva, più spesso stile libero, dando la possibilità di provare, a differenza dell’anno scorso, anche la rana. Abbiamo coinvolto i bambini anche in una staffetta un po’ improvvisata, così che potessero cimentarsi in qualcosa di ancora più difficile, che prevede tanta attenzione all’altro: è stato bello.
Qual è la cosa che più ti rende orgogliosa, di questo progetto?
Sicuramente la semplicità. Sia i bambini che i volontari non si impongono limiti: tutto avviene in modo molto spontaneo e ci si stimola a vicenda. In questi due anni ho visto i bambini migliorare parecchio: sono più sicuri di sé, tanto che hanno aderito molto più volentieri all’iniziativa della gara, rispetto all’anno scorso, e si vede che si impegnano, e che si divertono nel farlo. D’altronde, secondo me, fare sport senza divertirsi non ha poi molto senso.
Quanto è importante coinvolgere i ragazzi in questi progetti?
Tanto. L’obiettivo, infatti, è esportarli nel maggior numero di città italiane possibile, così da dare a sempre più bambini l’opportunità di partecipare, di sentirsi inclusi, visti. Spesso è difficile: perché mancano gli spazi, mancano i fondi, mancano tante risorse. Ma il messaggio trasmesso da progetti del genere è proprio questo: che se è anche c’è un problema, lo si può risolvere. Lo sanno bene i genitori, che finiscono per aiutarsi tanto tra loro. Per ampliare queste realtà, però, servono anche volontari che siano disposti a fare da guida ai bambini con disabilità visiva. Bisogna volersi mettere in gioco: al resto pensano i ragazzi, che ci insegnano ogni giorno come fare sport non sia solo una questione di acquisizione di capacità motorie, quanto di fiducia in sé stessi.
Il motto di noi ragazzi del Bullone tiene insieme tre azioni: fare, pensare, far pensare; quali sono invece le tue tre parole?
Impegno, divertimento e collaborazione.

Lontano dagli occhi, forse, ma con le braccia sempre tese
Tramite la ricercatrice Anna Chiara Mastropasqua, Real Eyes Sport raggiunge i bambini ciechi di una scuola in Sierra Leone
Esistono realtà così diverse da quelle consuete che è facile possano sembrarci lontane da noi anni luce. Il tentativo di immaginare la quotidianità del continente africano dura, forse anche per questo, soltanto pochi istanti; eppure, tutto quello che per noi europei è normalità, tutti i comfort e i servizi di cui disponiamo, qualche chilometro più a sud, sempre sullo stesso pianeta, diventano un lusso concesso a pochissimi. Anna Chiara Mastropasqua, ricercatrice dell’Università di Padova, dapprima mediante un dottorato e poi grazie all’ottenimento di un assegno di ricerca riguardante i metodi d’insegnamento che variano da Paese a Paese, ha avuto l’opportunità di collaborare con alcune scuole della Sierra Leone. Questo Stato, situato sulla costa atlantica, a ovest della zona subsahariana, conta circa sette milioni di abitanti ed è considerato, secondo un sondaggio della Banca Mondiale, uno dei cinque più poveri al mondo. Con un’economia continuamente sotto sforzo, anche le scuole, lì, faticano ad andare avanti, e lo studio condotto da Anna Chiara mira proprio a comprendere i meccanismi dell’insegnamento emergenziale. Partendo da un sondaggio che ha coinvolto una ventina di insegnanti a Freetown, la ricercatrice è arrivata poi a confrontarsi con una sfida disciplinare ancora più grande. «C’è una scuola, a Makeni, a cui sono molto legata» ci racconta quando le chiediamo di condividere con noi la sua esperienza. «Si chiama Bombali School for the Blind e ospita circa cinquanta bambini e ragazzi ciechi, dalla prima elementare fino alla terza media». Si tratta di una realtà validissima, con una libreria molto fornita di libri in Braille e insegnanti qualificati, che tuttavia, inizialmente, faticava ad andare avanti con floridità per la scarsità di risorse disponibili e la necessità di materiali specifici. Quando le maestre, in costante contatto con Anna Chiara, le hanno chiesto aiuto per procurarsi dei registratori, visto il costo importante, si è deciso di avviare un passaparola per tentare di reperirli. Ed ecco che la voce è giunta sino a noi, che, non appena siamo venuti a conoscenza delle esigenze dell’istituzione, abbiamo provveduto a donarle i registratori e alcuni palloni sonori per le attività post-scolastiche: è impagabile, l’entusiasmo che abbiamo saputo aver suscitato nell’animo dei bambini.
A volte fornire un aiuto può apparire quasi come un obbligo morale; altre, invece, diventa un segno d’amore anche verso noi stessi e nei confronti di una società che deve, con urgenza, trovare il modo di evolversi, per spianare le disuguaglianze e farsi più giusta. Noi, grazie e insieme ad Anna Chiara e alla Bombali School for the Blind, stiamo gettando semi, ma serve l’acqua di tutti per farli germogliare.

Con la neve alle spalle del cuore e lo sguardo dritto nel sole
Un flashback sul Camp invernale di Bormio nelle parole del nonno di una partecipante
È passato ormai qualche mese dalla conclusione della stagione invernale e dei relativi camp organizzati dall’associazione, ma non potevamo certo lanciarci nei prossimi senza prima riportare anche qui la testimonianza di una delle coppie di partecipanti (a quello di Bormio nello specifico). A tal proposito, abbiamo fatto qualche domanda al signor Bruno, nonno di Rita, che ringraziamo per la disponibilità e la pazienza.
Cosa vi ha spinti ad aderire all’iniziativa?
Abbiamo deciso di partecipare quando abbiamo visto su Facebook una pubblicità del Camp. È stata miia figlia, in particolare, a proporre a me e a mia nipote, una bimba ipovedente dell’età di sei anni, di tentare l’esperienza.
Avete incontrato ostacoli lungo il percorso? Se sì, quali?
Direi di no: tutto era ben organizzato e siamo stati assistiti in ogni passaggio.
Se dovesse pensare a due aggettivi per descrivere il Camp, quali sarebbero?
Divertente e commovente: per la felicità dei ragazzi, per l’impegno dei genitori, per il coinvolgimento e la passione di tutti gli organizzatori.
Che tipo di esperienza è stata per Rita?
Per lei si trattava di una prima volta, ed è stata sicuramente un’esperienza molto positiva, sia per le opportunità di socializzazione che per quelle di avvicinamento alle discipline sportive invernali.
Desideri per il prossimo futuro?
Visto l’entusiasmo di Rita, che è in generale una bambina molto dinamica e piena di vita, curiosa e pronta ad affrontare con coraggio esperienze nuove, speriamo in altre occasioni che glielo concedano.
E le occasioni, qui in Real Eyes Sport, non mancheranno! Vi ricordiamo infatti, a tal proposito, i nostri appuntamenti estivi:
– dal 29 giugno al 4 luglio a Parma;
– dal 5 al 12 luglio a Tirrenia;
– dal 19 al 26 luglio a Val Vigezzo;
– dal 27 luglio al 3 agosto a Perugia.
Vi aspettiamo, dunque, per una lunga serie di nuove avventure insieme, numerosi e carichi almeno quanto la nostra Rita.
Questo numero della newsletter è stato scritto in collaborazione con i giornalisti sociali di Fondazione Bullone. In redazione: Federica Margherita Corpina, Jacopo Di Lorenzo, Michele Fagnani, Luca Malaspina, Salvatore Cristiano Misasi.